Ida
Maggenga Rusconi
Maggenga Rusconi
Nome
Ida
Cognome
Maggenga Rusconi
Sesso
F
Attività partigiana
Matricola
Ruolo
Note
Testimonianza
All'epoca dei fatti custode delle Scuole elementari femminili di Intra, sede del locale Comando SS.
«Era il 1943, l’inizio di settembre del ’43…Il primo che hanno portato lì alle scuole e poi hanno bruciato – allora la caldaia andava ancora a legna e a carbone- era un militare. L’ha portato lì una camicia nera, era un fascista sul sidecar….allora mi hanno chiamato per accendere la caldaia ma io ho detto che non ero capace perché avevo capito cosa volevano fare…poi avevano telefonato al comune. Il primo, chi era non lo so, era un militare; quando io sono entrata lui era voltato con la faccia verso il muro, quindi non l’ho visto. Dopo quindici giorni è arrivata una camionetta di tedeschi e c’era il signor Ovazza, con la moglie e una ragazza che avrà avuto sedici o diciassette anni. Li hanno portati in fondo dove avevano sistemato il comando, poi li hanno caricati su ancora, infine li hanno fatti scendere nella cantina mentre fuori nel corridoio i soldati cantavano e facevano baccano perché non sentissi i colpi. Il primo ad andare giù è stato il marito, il signor Ovazza…io l’ho visto bene, aveva una cicatrice in fronte. Un tedesco gli puntava la rivoltella mentre gli altri facevano baccano…Quando è stato sulla porta della cantina, lui gridava:”non voglio morire, lasciatemi vivere”. Dopo cinque minuti che era sceso dalle scale ho sentito un colpo…un colpo di rivoltella. Dopo un po’ sono andate giù la mamma e la figlia… loro sono andate giù tranquille, forse perché pensavano di passare la notte lì con il marito. Anche per loro è stata la stessa cosa, si sono sentiti i colpi di rivoltella, sono state uccise. Quando poi mi hanno dato la chiave della cantina…perché andavano via,era tutto lavato per terra…li avevano bruciati dentro la caldaia. I caloriferi sono andati due giorni e due notti e la gente chiedeva, quelli che passavano dicevano:” ma che odore c’è, sembra odore di carne bruciata!” Certo io non parlavo, perché non si poteva parlare… Quando sono andati via, il capitano mi ha chiamato e mi ha detto:” Quello che ha visto…tacere…perché kaputt lei, il marito e il bambino” Sono andati a finire così questi Ovazza…
Erano andati a prenderli a Gressoney…qui c’era un certo Ferri, che lavorava dal Buzzi ed è venuto a far da interprete ai tedeschi, me lo ha detto lui…sono andati a prenderli a Gressoney dove aspettavano una telefonata dal figlio, che i genitori avevano mandato in Svizzera con una guida. Lì a Gressoney si vede che c’è stato qualcuno che li ha informati e sono andati a prenderli in albergo….e loro aspettavano la telefonata del figlio».
«Era il 1943, l’inizio di settembre del ’43…Il primo che hanno portato lì alle scuole e poi hanno bruciato – allora la caldaia andava ancora a legna e a carbone- era un militare. L’ha portato lì una camicia nera, era un fascista sul sidecar….allora mi hanno chiamato per accendere la caldaia ma io ho detto che non ero capace perché avevo capito cosa volevano fare…poi avevano telefonato al comune. Il primo, chi era non lo so, era un militare; quando io sono entrata lui era voltato con la faccia verso il muro, quindi non l’ho visto. Dopo quindici giorni è arrivata una camionetta di tedeschi e c’era il signor Ovazza, con la moglie e una ragazza che avrà avuto sedici o diciassette anni. Li hanno portati in fondo dove avevano sistemato il comando, poi li hanno caricati su ancora, infine li hanno fatti scendere nella cantina mentre fuori nel corridoio i soldati cantavano e facevano baccano perché non sentissi i colpi. Il primo ad andare giù è stato il marito, il signor Ovazza…io l’ho visto bene, aveva una cicatrice in fronte. Un tedesco gli puntava la rivoltella mentre gli altri facevano baccano…Quando è stato sulla porta della cantina, lui gridava:”non voglio morire, lasciatemi vivere”. Dopo cinque minuti che era sceso dalle scale ho sentito un colpo…un colpo di rivoltella. Dopo un po’ sono andate giù la mamma e la figlia… loro sono andate giù tranquille, forse perché pensavano di passare la notte lì con il marito. Anche per loro è stata la stessa cosa, si sono sentiti i colpi di rivoltella, sono state uccise. Quando poi mi hanno dato la chiave della cantina…perché andavano via,era tutto lavato per terra…li avevano bruciati dentro la caldaia. I caloriferi sono andati due giorni e due notti e la gente chiedeva, quelli che passavano dicevano:” ma che odore c’è, sembra odore di carne bruciata!” Certo io non parlavo, perché non si poteva parlare… Quando sono andati via, il capitano mi ha chiamato e mi ha detto:” Quello che ha visto…tacere…perché kaputt lei, il marito e il bambino” Sono andati a finire così questi Ovazza…
Erano andati a prenderli a Gressoney…qui c’era un certo Ferri, che lavorava dal Buzzi ed è venuto a far da interprete ai tedeschi, me lo ha detto lui…sono andati a prenderli a Gressoney dove aspettavano una telefonata dal figlio, che i genitori avevano mandato in Svizzera con una guida. Lì a Gressoney si vede che c’è stato qualcuno che li ha informati e sono andati a prenderli in albergo….e loro aspettavano la telefonata del figlio».