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Nella
Galavotti
Nelly


Nome
Nella
Cognome
Galavotti
Soprannome
Nelly
Nomi di battaglia
Nelly
Sesso
F
Luogo di nascita
Quistello (MN)
Data nascita
22 gennaio 1924
Padre
Galavotti Celeste
Luogo di morte
Verbania
Data della morte
28 ottobre 2015
1
Militò nelle fila della Brigata "Valgrande Martire"; con il rastrellamento di ottobre del 1944, seguito alla caduta della Repubblica dell'Ossola, espatriò con il suo reparto in terra elvetica. Espulsa dalla Svizzera per uno sciopero della fame (motivato dall'insufficienza del vitto), venne catturata dai fascisti in Valle Vigezzo e mandata alla prigione di Novara, dove rimase fino alla Liberazione. Riconosciuta partigiana combattente con 8 mesi e 25 giorni di anzianità.
Attività partigiana
Militò nelle fila della Brigata "Valgrande Martire"; con il rastrellamento di ottobre del 1944, seguito alla caduta della Repubblica dell'Ossola, espatriò con il suo reparto in terra elvetica. Espulsa dalla Svizzera per uno sciopero della fame (motivato dall'insufficienza del vitto), venne catturata dai fascisti in Valle Vigezzo e mandata alla prigione di Novara, dove rimase fino alla Liberazione. Riconosciuta partigiana combattente con 8 mesi e 25 giorni di anzianità.
Matricola
Ruolo
Note
Partigiano combattente
[Dall'intervista raccolta da Gemma Lucchesi e Madel Monti] “Mi chiamo Nelly Galavotti, vivo a Verbania da quando avevo 13 anni proveniente con la mamma, e i fratelli dal Mantovano, il papà era mancato. I genitori erano antifascisti, socialisti, anche se in casa non si parlava di politica c'era la paura ricordo che i fascisti vennero a cercare mio padre per dargli l'olio, ma la mamma era riuscita a farlo scappare. Arrivata a Verbania ho iniziato il lavoro in fabbrica prima al Fumagalli, poi alla Cucirini, alla Nestlè, e dopo la guerra fino alla pensione alla Montefibre. Abitavo nella zona di San Bernardino e lì vicino c'era la Baldi Matteucci dove lavoravano ragazzi del 23, 24, 25. I ragazzi venivano a casa mia a sentire Radio Londra, erano amici e tutti antifascisti. Quando i miei anici andarono i montagna mi chiesero se volevo andare con loro e così cominciò la mia guerra partigiana nella formazione garibaldina Brigata Valgrande Martire, sono salita in montagna dopo il 20 giugno '44, dopo aver visto i 42 partigiani caduti a Fondotoce. In montagna facevo tutto quello che c'era da fare, andavo in cerca di cibo, sorvegliavo i prigionieri, portavo le armi, però non ho mai sparato. Alla caduta della Repubblica dell'Ossola anch’io come molti partigiani mi sono vista costretta ad espatriare in Svizzera. Dov’ero io c'era poco da mangiare, c'era poco così abbiamo protestato. Avevamo fatto casino perché c'era poco da mangiare, ma anche loro poveri cristi facevano fin troppo, poi è arrivato un tenente e ha chiesto chi voleva andare a lavorare, io come un'oca ho accettato e invece mi ha portato in prigione a Ginevra. Allora quando sono andata là ho dato fuori di matto e ho detto 'Ma cosa mi portate qua io non ho fatto niente.' Allora gli ho spiegato che avevamo firmato un carta per andare a lavorare ma era scritta in francese e non abbiamo capito niente. Io in Svizzera sono stata a Basilea, a Montreaux e qui la regina Maria Josè voleva vedere i partigiani e ci siamo riuniti e siamo andati... e lei, la regina, è venuta con la dama di compagnia, ci ha guardati e non ha detto niente ed è andata via. Ci ha guardati tutti, ma come eravamo conciati! Ci aveva vestito un po' la Croce Rossa perché quando siamo venuti via dall'Italia eravamo in pantaloni corti e alcuni a piedi nudi e nevicava. Insomma dal carcere di Ginevra ci hanno mandato a Gondo, al confine, me e un'altra, ma quando col treno sono arrivata a Domodossola la Brigata Nera era lì e le ho prese per cinque giorni, in prigione mi hanno dato un sacco di botte per cinque giorni. Poi quella che era con me l'hanno presa i partigiani perché era una spia, e quando ci hanno preso i fascisti a Domodossola lei diceva che io sapevo tutto perché ero una partigiana. Poi una notte mi hanno portata in stazione, ero in mezzo, cinque fascisti di qua e cinque di là. Io ho pensato che mi facevano fuori, invece mi hanno portato a Novara, in prigione al Castello, dove sono rimasta fino alla liberazione, ci sono rimasta per quattro mesi. Eravamo in 14 in una stanza, tutte donne che avevano i mariti, i fratelli in montagna, partigiane eravamo in due, io e una signora di Omegna. Una sera la suora ha detto 'Voi domani siete libere' e io 'Se Suora, non mi venga a prendere per il sedere' e lei 'Ve lo dico io che voi domani siete fuori'. E la mattina del 25 aprile alle 7 è arrivato Moscatelli e ha detto 'chi sono le due partigiane?' io ho detto 'Io e quella là siamo partigiane', siamo andate fuori, quando siamo state fuori c'erano i partigiani che ci aspettavano e allora ci hanno messo il foulard rosso e la striscia tricolore al braccio. Quando siamo uscite dal cancello, addio, si salvi chi può! Chi tirava di qui, chi di là, chi voleva baciarmi, mi hanno strappato la manica della giacca. Se sapevano che eravamo piene di pidocchi vedevi come andavano! Perché avevamo i pidocchi, le cimici, tutto. Sono venuta a casa e ho dovuto tagliare i capelli. Mia mamma ha detto 'domani mattina si fa la permanente di corsa che se no le uova non muoiono' e avevo i capelli lunghi e ho dovuto tagliarli corti. Quando sono uscita di prigione il 25 aprile Moscatelli mi ha fatto una carta di andare in qualsiasi albergo che eravamo accettate a mangiare e a dormire. Ma noi eravamo ignoranti, non ero mai stata in albergo, pensa te se andavo in albergo! E allora sono andata dalle suore perché non si poteva andare a casa che c'erano ancora dei gruppi fascisti in giro e ci avevano detto 'non vi muovete finché non ve lo diciamo noi' e allora siamo andate dalle suore a mangiare e a dormire. Andare in albergo, ignorante com'ero, andare in albergo! La suora a Novara era brava, mi voleva bene, quando sono venuta via mi ha baciato perché ha detto che ero una ragazza, avevo 20 anni, che ero stata in mezzo agli uomini ed ero sana.... A Novara si mangiava una volta al giorno, un piatto di riso, dicevo che quando tornavo a casa non volevo più vedere il riso. Quando sono tornata a casa mia sorella mi ha fatto trovare un vestito rosso. Sono andata in piazza, ma per un bel po' di tempo avevo paura ad andare fuori. Mi dicevano 'Ma stupida non ci sono più i fascisti' ma io arrivavo davanti al portone e tornavo indietro, avevo paura, sono rimasta talmente scioccata che quando andavo fuori mi sembrava sempre che dovevo prenderle. Dopo mi è passata, dopo ti saluto, si salvi chi può. Poi mi hanno dato la croce di guerra e la pensione, cinquemila lire al mese."