Caroglio
25 anni
Nasce a Varese il 2 aprile 1918 da Luigia Achini e Natale Caroglio. Ha sei fratelli più grandi di lei, Carlo (che il padre ha avuto con la prima moglie, Maria Achini, sorella di Luigia), Alessandro, Natalina, Maria Sofia e Dante Luigi. Abita a Varese fino al trasferimento della famiglia nel 1933, prima a Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia) e poi a Parma dove l’anno successivo muore il padre, che era un agiato imprenditore. Nel 1937 Carla ha un figlio, Luigi, da un dipendente dell’azienda che evidentemente non lo riconosce perché Luigi mantiene il cognome della madre. Seguono altri trasferimenti: lo stesso anno la Caroglio ritorna con la madre a Sant’Ilario e poi nella primavera del 1940 si sposta a Milano dove trova un impiego in banca, mentre il figlio rimane con la nonna a Sant’Ilario. A Milano, dove già abitavano la sorella Natalina e il fratello Carlo, nel 1942 viene raggiunta anche da sua madre e suo figlio.
Nell’estate del 1943 è in vacanza a Baveno[1] e alloggia all’Albergo svizzero e delle isole Borromee (ex Hotel Suisse), ma il mattino del 15 settembre passeggiando con due soldati italiani in convalescenza che aveva conosciuto, Francesco Speciale e Pietro Toso[2], si ferma ad osservare la bandiera tedesca su una macchina delle SS nei pressi dell’Hotel Beau Rivage (sede del comando tedesco) e rispondendo alle domande che le rivolgono i militari presenti nell’auto, afferma di non apprezzarla molto. Al pomeriggio viene arrestata mentre è dal parrucchiere e portata al comando tedesco dove il capitano Röhwer l’accusa però di essere ebrea[3]. Nonostante lei neghi in quanto cattolica e battezzata, viene portata all’Hotel La Ripa, sede della 5a compagnia SS e di lei non si saprà più nulla.
[1] Nella lettera scritta il 7 novembre 1943 al comando germanico delle SS di Novara per avere notizie della figlia, Luisa Achini dice di ignorare i motivi per cui Carla, sfollata da Milano, dimorava a Baveno. (Cfr. Archivio di Stato di Novara, Fondo Prefettura/Divisione Gabinetto, busta 117, fasc. 4/2)
[2] Erano in convalescenza all’Hotel Belle Vue (ora Grand Hotel Dino), utilizzato in parte come ospedale militare (stessa sorte di altri due alberghi a Baveno, il Lido Palace e il Simplon), ma all’arrivo dei tedeschi che si insediano in quell’Hotel con la 4a compagnia, loro si trasferiscono all’ex Suisse e lì conoscono Carla Caroglio.
Durante il periodo bellico, a partire dal 1941, negli ospedali militari di Baveno passa qualche centinaio di soldati per la degenza e la convalescenza. Dopo l’armistizio restano però solo i malati gravi o quelli impossibilitati a raggiungere le loro abitazioni al Sud e i principali alberghi di Baveno vengono requisiti dalle truppe tedesche.
[3] Come afferma Marino Ferraris, comproprietario dell’Hotel Beau Rivage e utilizzato come interprete durante l’interrogatorio a cui Röhwer sottopone Caroglio.
E' probabile venga uccisa lo stesso mercoledì 15 settembre 1943, anche se sul certificato di morte presunta, rilasciato nel 1950 dal Tribunale civile e penale di Milano, si indica la data del 17 settembre.
[Secondo alcune testimonianze, non avvalorate da prove, apparteneva a Carla Caroglio il cadavere di donna ritrovato qualche giorno dopo nei pressi del cimitero di Fondotoce. E' Francesco Speciale ad ipotizzare che la salma fosse riconducibile a lei, ma solo sulla base della descrizione che gli viene fornita dei vestiti e dell’aspetto del cadavere. Pietro Toso (l'altro ufficiale da lei conosciuto a Baveno) e Marino Ferraris confermano l’ipotesi avanzata da Speciale, ma anche per loro non c'è stato un riconoscimento diretto. Ulteriori riscontri hanno però fatto escludere l'ipotesi che quella salma fosse della Caroglio.]
Il caso di Carla Caroglio è abbastanza problematico e misterioso e sulla sua vicenda ha cercato di fare luce anche Franco Giannantoni con il libro La ragazza dalla gonna scozzese. In base alla documentazione che si possiede è chiaro che Carla non fosse ebrea, anche se è sempre stata associata alla strage degli ebrei e il suo nome compare negli elenchi del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano come pure nel Central database of Shoah victims' names dello Yad Vashem, che però utilizza come fonte la banca dati del CDEC. La sua presunta “ebraicità” potrebbe nascere da quanto riportato dal militare italiano in convalescenza in quel periodo a Baveno, Francesco Speciale, da altre testimonianze al processo di Osnabrück, nonché da voci raccolte nell’ambito della famiglia Caroglio: sembra che durante la sua residenza a Milano la Caroglio abbia frequentato un gruppo di ebrei e si sia fidanzata con uno di loro. La vacanza a Baveno poteva essere l’occasione per organizzare la fuga in Svizzera, che forse al momento dell’arresto è già avvenuta per quanto riguarda il compagno, di cui per altro non si sa nulla. E’ possibile che i tedeschi fossero a conoscenza di questo e il diverbio sulla bandiera fosse l’occasione per trattenerla e saperne di più su di lei, ma soprattutto sul suo fidanzato (anche Luz Klinkhammer [in Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-44), Donzelli, Roma 1997, pp. 59-60] riferisce che la Caroglio, arrestata per aver parlato male dei tedeschi, fosse fidanzata di un ebreo e non ebrea lei stessa; la stessa madre Luigia Achini, in una lettera datata 7 novembre 1943 e indirizzata al Comando SS, al Prefetto e al Vescovo di Novara per avere notizie della figlia, dichiara che quest’ultima è cattolica e "ariana”). L’ipotesi verrebbe rafforzata anche dalla testimonianza di Anneliese Frank Hardt, tedesca sposata con un italiano e sfollata a Baveno da Milano. Lei è una delle organizzatrici della festa voluta dai tedeschi per festeggiare l’arrivo delle SS sul Lago proprio la sera del 15 settembre all’Albergo svizzero delle Isole Borromee. Al processo di Osnabrück dirà che in quell’occasione viene informata dall’aiutante medico del battaglione Walter Necker che la Caroglio è fidanzata con un ebreo e per questo si rendeva necessario un fermo preventivo. Necker, sempre al processo, conferma la notizia del fidanzamento.
Il 25 aprile 1972 il sindaco di Milano, Aldo Aniasi, ha rilasciato al figlio di Carla Caroglio, Luigi, una medaglia ricordo e l'attestato di Martire della libertà.
Nel Cimitero di Baveno si trovano una tomba e una lapide con incisi i nomi dei quattordici ebrei uccisi.
Un monumento a loro dedicato è stato inaugurato nel 2013 sul lungolago.
Aldo Toscano, L'olocausto del Lago Maggiore (settembre-ottobre 1943), Alberti, Verbania, 1993; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, 1995; Liliana Picciotto, Il libro della memoria, pg. 829, Mursia, 2002; La strage dimenticata. Meina, settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia, Interlinea, 2003; (a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia), Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010; Lorenzo Camocardi, Gianmaria Ottolini, Even 1943 (DVD), Verbania, 2010; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it; Nuova Resistenza Unita, n.3/2017; Mauro Begozzi, Scomparsi nel nulla! La prima strage di ebrei in Italia sulle sponde del lago Maggiore, https://storiaeregione.eu/attachment/get/up_84_16520956762107.pdf, 2009; Mariella Terzoli, Una storia dimenticata? Lago Maggiore, settembre-ottobre 1943, Tesi di laurea, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2015-2016; Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia: la guerra contro i civili (1943-1944), Donzelli, 1997; Maria Francesca Renaudo, Il turismo a Baveno, ed. Tararà, 1999; Giovanni Galli, Memorie ritrovate, Borgomanero, 2004; (a cura di Leonardo Parachini), Baveno settembre 1943, Verbania, 2013; Franco Giannantoni, La ragazza dalla gonna scozzese, ed. Amici della Resistenza/quaderno n. 6, 2019.
Archivio di Stato di Novara, Fondo Prefettura/Divisione Gabinetto, busta 117, fasc.4/2 (lettera della madre in data 7 novembre 1943 in cui chiede informazioni sulla figlia al Comando germanico di Novara).