Ovazza
14 anni
Con l'emanazione delle leggi razziali, nel settembre 1938 a Elena fu negata la possibilità di frequentare, come per il fratello Riccardo e per tutti gli altri studenti ebrei, il Liceo Alfieri di Torino, a cui era stata ammessa.
Dall'anno scolastico 1938-39 inizio così a frequentare la Scuola ebraica: la Comunità ebraica torinese aveva prontamente costituito, accanto alla preesistente scuola materna ed elementare, un ginnasio, una scuola professionale e un liceo classico, in cui gli studenti poterono approfittare della presenza di insigni insegnanti ebrei, cacciati dai migliori istituti cittadini e dalle facoltà universitarie.
Nata e residente a Torino (TO).
Con la famiglia lascia Torino il 24 o 25 settembre 1943 per trasferirsi a Gressoney Saint Jean (AO). Il padre Ettore si era finalmente persuaso a guadagnare una posizione che rendesse più facile un’eventuale fuga in Svizzera, motivata non tanto dalla preoccupazione per sé e le due donne di famiglia, quanto per la sorte del figlio ventenne Riccardo, in età di leva e quindi a rischio di essere fermato e interrogato. Gli Ovazza prendono alloggio presso l’albergo Lyskamm. Il tentativo di fuga in Svizzera di Riccardo Ovazza, pianificato dal padre, si conclude con il suo respingimento da parte delle guardie confinarie elvetiche. Riccardo rientra in Italia in treno e, arrestato alla stazione di Domodossola, viene scortato alla sede SS di Intra e lì assassinato. Il resto della famiglia Ovazza è rintracciata grazie ai documenti sequestrati e alle informazioni estorte a Riccardo: la sera del 9 ottobre una pattuglia arriva a Gressoney con un ordine di arresto per Ettore Ovazza, motivato dalla necessità di interrogarlo a proposito del possesso illegale di valuta straniera da parte del figlio. La mattina seguente Ettore Ovazza parte, moglie e figlia al seguito, con una macchina presa a noleggio guidata da tale Targhetta Doardo di Gressoney.
Ida Rusconi, custode delle scuole, rimasta in servizio durante l’occupazione tedesca dell’edificio, durante il processo celebrato a Torino nel 1955 fornisce la testimonianza della tragica fine di Ettore, Nella ed Elena: “Verso le 13 vidi questi catturati che uscivano dall’ufficio del Meir; più tardi li vidi ricaricare su di un camion assieme a tutte le valigie ed ivi rimasero fino alle ore 18”, circostanza determinata dall’ordine, poi revocato, di partenza del reparto. “Fu fatto scendere prima l’uomo e accompagnato di nuovo nell’ufficio comando”; lo vide per l’ultima volta mentre veniva trascinato in cantina da un militare tedesco “con la pistola puntata alla tempia”, mentre supplicava di essere risparmiato; poi uno sparo. Subito dopo, seguendo lo stesso copione criminale, vengono eliminate le due donne, Nella di 41 anni e la figlia Elena appena quindicenne. “Nella notte i tedeschi ebbero molto da fare: si trattava di distruggere e di far sparire tre corpi di notevoli dimensioni – continua la Rusconi - […] per tre giorni il comignolo della scuola emise fumo e odore di carne bruciata. La corretta supposizione della Rusconi sulla loro sorte trova conferma non solo nel consiglio dell’interprete Marini di tacere sull’accaduto, ma soprattutto nel rinvenimento, il giorno successivo, di resti di ossa umane nella caldaia.
Aldo Toscano, L'olocausto del Lago Maggiore (settembre-ottobre 1943), Alberti, Verbania, 1993; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, 1995; Liliana Picciotto, Il libro della memoria, pg. 842, Mursia, 2002; La strage dimenticata. Meina, settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia, Interlinea, 2003; (a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia), Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010; Lorenzo Camocardi, Gianmaria Ottolini, Even 1943 (DVD), Verbania, 2010; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it.