In questo ambito rientrano tutte le persone non presenti nelle categorie precedenti (partigiani in senso lato, militari ed ebrei), ma identificabili come civili. Sono poco più del 10% con storie molto diverse tra loro così come lo sono anche le ragioni della loro deportazione.
Troviamo le operaie del gruppo di Clotilde Giannini, impegnate attivamente negli scioperi del febbraio-marzo 1944 nella loro fabbrica, un calzificio di Cilavegna in provincia di Pavia. Lei nativa di Tornaco (provincia di Novara), viene arrestata e poi deportata con le compagne pavesi Camilla Campana e Luigina Cirini [1]. La loro deportazione segue un percorso particolare: finiscono assieme a Mauthausen, ma poi vengono mandate ad Auschwitz anche se nessuna delle tre è di origine ebraica. Cirini viene poi trasferita in un sottocampo di Flossenbürg fino alla liberazione, Campana è liberata invece a Lipsia dove arriva dopo essere transitata per Rawensbrück e Buchenwald, mentre Giannini viene mandata a Bergen Belsen e lì muore pochi giorni dopo la liberazione del campo.
Ci sono poi molti ragazzi, studenti come i verbanesi Gianluigi Molinari, Antonio Perovanni e Alberto Ziviani o operai come gli ossolani Giovanni Pelganta, Augusto Conti e Luigi Jossi, fermati e deportati nell’estate del 1944 quando i tedeschi nel nord Italia fanno razzie di giovani da utilizzare nelle fabbriche tedesche. Tutti questi finiscono in campi per lavoratori coatti.
Altri sono deportati in seguito a rastrellamenti e rappresaglie come quella che coinvolge a Cannobio, nell’agosto del 1944, Aldo Carmine, Giacomo Ferrari, Eugenio Giana, Giovanni Mozzati, Giovanni Travella e Giacomo Zanni, tutti deceduti, o nel giugno a Baveno Cesare Beltrami, Amerigo Borani, Carlo Ettori, Alberto Lazzaro, Giovanni Morandi, Mario Savoini, Elia Valmaggia e Zani Fioravanti.
Infine storie anche curiose come quella relativa a Mike Bongiorno che tenta di andare in Svizzera, ma viene fermato (molto probabilmente per una delazione) con Secondo Jorda, la persona che doveva fargli attraversare il confine. Entrambi vengono mandati a Bolzano e successivamente Bongiorno finirà in alcuni piccoli campi austriaci.
Non tutti i civili finiscono quindi nei campi per lavoratori coatti, dove verranno invece mandati alcuni partigiani, confermando come il destino dei deportati fosse imprevedibile e casuale.
[1] Sulla vicenda legata agli scioperi del marzo 1944 e alla deportazione di operai attivi sindacalmente, si veda in particolare: I deportati pavesi nei lager nazisti, Pavia, 1981; Guido Guderzo, L’altra guerra, Il Mulino, 2002; Marco Savino, Maria Antonietta Arrigoni, Dizionario biografico della deportazione pavese, Unicopli, 2005.