La mattina di martedì 20 giugno il gruppo di prigionieri detenuti a Malesco viene trasferito.
«Ci fecero firmare una dichiarazione in lingua tedesca» racconta Suzzi. «Noi ne ignoravamo il contenuto. Poi subito la partenza. Fummo fatti salire e rinchiusi in un grande camion, interamente ricoperto da grossi teloni […].
La debolezza aveva attutito la nostra sensibilità, perciò non sentivamo più la fame. La sete invece continuava a roderci. Ammassati nel camion, che l’autista conduceva senza riguardo, ci sentivamo barullati come bestie condotte al macello.
Verso mezzogiorno giungemmo a Intra. Ci condussero proprio nel centro, davanti alla grande villa Caramora. Sul posto era pronto il plotone di esecuzione. Sembrava non volessero perder tempo. Ci fecero allineare sul lungolago del parco Cavallotti, con le spalle rivolte alle armi automatiche. Era incredibile come tutto fosse calmo. Le armi furono puntate, scattarono le sicure Considerai iniziata l’esecuzione. Ma improvvisamente un tedesco urlò dalla villa Caramora e ne discese le scale. Scambiò alcune parole con l’ufficiale che comandava il plotone. Le armi furono abbassate e rinacque in noi la speranza […]».
Al gruppo giunto da Malesco si uniscono alcuni prigionieri prelevati dalle cantine di villa Caramora, come testimonia ancora il giudice Emilio Liguori:
« Lo spettacolo che stava per essere ammannito fu subito intuito dalla donna [Cleonice Tomassetti ndr]. Costei si levò in piedi e con fare spontaneo, senza forzare il tono della voce, direi quasi con amorevolezza, rivolta ai compagni di sciagura pronunciò queste testuali parole: "Su, coraggio ragazzi, è giunto il plotone di esecuzione. Niente paura. Ricordatevi che è meglio vivere da italiani che vivere da spie, da servitori dei tedeschi". Aveva appena finito di parlare che, infuriato, le fu addosso un soldato germanico che doveva capire un poco l'italiano o che del senso delle parole pronunciate era stato messo al corrente da un militare italiano. (Quale schifo il contegno servile verso i padroni tedeschi dei militi fascisti! Non di tutti per fortuna, perché ne vidi più d'uno fremere di rabbia osservando ciò che di orribile si compiva intorno a lui). La donna fu colpita atrocemente da più di uno schiaffo e da uno sputo sul viso. Non si scompose; incassò impassibilmente, e poi, fiera e con aria ispirata, quasi trasumanata, disse parole, che, per mio conto, la rende degna di essere paragonata a una donna spartana, o meglio ancora ad una eroina del nostro risorgimento: "Se percuotendomi volete mortificare il mio corpo, è superfluo il farlo: esso è già annientato. Se invece volete uccidere il mio spirito, vi dico che è opera vana: quello non lo domerete mai!". Poi, rivolta ai compagni: "Ragazzi, viva l'Italia, viva la libertà per tutti", gridò con voce squillante.»
Liguori e altri sono invece trattenuti e in serata verranno trasferiti alle scuole femminili, usate come carcere. Nella loro cella, la notte tra il 20 e il 21, entrerà anche un partigiano conosciuto il giorno prima a Villa Caramora: si tratta di Frank Ellis, che racconterà a Liguori di essere stato prima trasportato con gli altri a Fondotoce per essere fucilato, ma poi inspiegabilmente riportato a Verbania con altri due partigiani.
Nel pomeriggio di martedì 20 giugno 1944 il gruppo di partigiani - nel corteo sono quarantasei, tre di loro verranno all’ultimo momento risparmiati – viene trasferito da Intra a Fondotoce. Fatti salire su alcuni camion, i partigiani sono costretti ripetutamente a scendere lungo il tragitto - a Intra, Pallanza e Suna – attraversando a piedi, in una macabra processione, i centri abitati. Due partigiani in testa al corteo portano un cartello su cui c’è scritto a caratteri cubitali: “Sono questi i liberatori d’Italia, oppure sono i banditi?”.