Serman
62 anni
Austriaco di origine ebraica, nasce a Vienna il 29 aprile 1881 da Giuseppina Albrandi e Gioachini Serman. Dopo un’esperienza giovanile come giornalista per un quotidiano di Berlino, diventa un affermato imprenditore nel settore dell’importazione di carta da giornale.
Il 9 febbraio del 1924 sposa a Berlino Maria Müller, ebrea polacca. [1]
Risale alla fine degli anni Trenta l’emigrazione dei coniugi Serman in Italia, in seguito all'intensificarsi delle persecuzioni antisemite soprattutto a partire dal 1938 (la Kristallnacht è del 9-10 novembre). Alla coppia si uniscono la sorella e la madre di Maria, entrambe cittadine polacche.
Nonostante l'emanazione dei due successivi Regi Decreti-Legge del 7 settembre e del 17 novembre 1938 (che prevedevano la revoca delle concessioni di cittadinanza italiana e l'espulsione per gli ebrei stranieri che avessero stabilito la propria residenza nel Regno posteriormente al 1º gennaio 1919) [2], i Serman non vengono espulsi e si sottraggono anche all’internamento, a cui sarebbero stati costretti dalle nuove disposizioni legislative del giugno 1940: il loro nome non risulta infatti tra quelli degli internati. Faranno dunque parte del migliaio di ebrei stranieri - soprattutto donne e bambini - non toccati dall'internamento per tutti gli anni in cui esso resta in vigore.
Come attestato dalla loro pratica di trasferimento [3], nel giugno 1940, con l'entrata in guerra dell'Italia, la famiglia Serman lascia Milano per stabilirsi a Baveno, dove affitta Villa Fedora [4] e dove, in una data non precisata, viene raggiunta da un’amica di famiglia, Sofia Czolosinska. Il documento estratto dal registro di popolazione del Comune di Milano e inviato a Baveno viene trasferito più volte tra i due uffici comunali dell'anagrafe a causa di alcuni dati mancanti, relativi in particolare ad indicazioni anagrafiche (compilate a mano in seconda battuta) e soprattutto alla dichiarazione di razza. L'indicazione della razza risulta però mancante anche dopo la definitiva acquisizione del documento da parte del comune di Baveno e viene giustificata dall’impiegato milanese con l’apposizione in calce dell’annotazione manoscritta “Non consta che i suddetti abbiano fatto dichiarazione di appartenenza alla razza ebraica trattandosi di stranieri”.
La mattina di martedì 14 (come riporta il Nozza) o di mercoledì 15 settembre 1943 (come invece segnalano il CDEC e il Toscano), mentre rientra da una partita a tennis, Emil Serman viene raggiunto a Villa Fedora dalle SS, accompagnate da una guardia comunale e da un interprete. E' in corso il rastrellamento di ebrei operato dal primo Battaglione, Secondo Reggimento, Divisione meccanizzata Waffen SS Leibstandarte Adolf Hitler.
Il podestà Pietro Columella (figura ambigua, sulla cui collaborazione le SS possono comunque contare in quei giorni di rastrellamenti), interpellato dalle SS per sapere come raggiungere villa Fedora, manda il suo autista ad avvisare i Serman di fuggire, ma i tedeschi arrivano prima.
Secondo la testimonianza rilasciata dalle tre domestiche in servizio a Villa Fedora, le SS guidate dal comandante della 4a compagnia, Karl Schnelle, chiedono inizialmente ospitalità al signor Serman, dichiarando di avere bisogno di stanze per i propri uffici, ma il loro atteggiamento cambia rapidamente: cominciano a girare per tutta la casa, con soldati di guardia alle porte e dopo una mezz'ora il signor Serman è arrestato e immediatamente portato all'albergo La Ripa (sede della 5a compagnia). Lì è visto per l'ultima volta da Betty Tanner in Tonini (cittadina svizzera, sfollata da Milano e ospite dell'albergo insieme al marito) mentre viene condotto con le mani legate dietro la schiena in una legnaia antistante l'albergo. La stessa Tanner testimonierà in seguito che una delle salme esumate nel dopoguerra in riva al Lago, nei pressi dell'hotel, sarebbe quella di Serman.
Viene assassinato probabilmente il 14 o il 15 settembre 1943, lo stesso giorno del suo arresto.
Secondo la testimonianza rilasciata successivamente dalle tre domestiche a servizio della famiglia, Elvira Cadorin, Ida Fornarelli e Maria Beltrami, dopo l’arresto di Emil Serman, il pomeriggio di lunedì 13 settembre le SS tornano a Villa Fedora - dove ancora si trovavano la moglie Maria Müller, la cognata Stefania, la loro madre, Julia Werner, e l’amica di famiglia Sofia Czolosinska - e procedono con la perquisizione.
Elvira Cadorin dichiara: «Un ufficiale mi interrogò a lungo. Cercava la cassaforte, il nascondiglio dei gioielli. Ammucchiarono le cose di maggior valore e le portarono via; vollero anche il mio orologio d’oro».
Prima dell’arresto delle donne, il comandante della squadra costringe la signora Serman a sottoscrivere un documento in cui dichiara che dalla propria abitazione non era stato sottratto alcun oggetto.
Villa Fedora era ormai senza padroni di casa. «Il giorno dopo le SS diedero alla villa una festa da ballo – testimonia ancora la Cadorin, costretta a partecipare con le altre due domestiche, insieme ad altre donne arrivate da Baveno e dintorni – si ubriacarono, cantarono, ballarono e si comportarono male con le ragazze […]. Tentarono di violentarle».
[1] E’ quanto risulta dal registro immigrazioni conservato presso l’archivio storico del comune di Baveno, ASCB53/1.
[2] Regio Decreto Legge n. 1381 del 7 settembre 1938 “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri” e Regio Decreto Legge n. 1728 del 17 Novembre 1938 “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”.
[3] Archivio storico del Comune di Baveno, b. 53/1 “Pratiche di emigrazione e immigrazione, 1937-1944”.
[4] La villa, costruita a metà Ottocento dal torinese Giacinto Mannati, è acquistata nel 1896 da Giuseppe Ceretti e poi nel 1909 dall’industriale Giuseppe Spatz, a cui si devono i primi lavori di ampliamento. Spatz la cede successivamente al genero, il noto musicista Umberto Giordano che chiamerà Fedora la villa, dal nome di una sua opera. Con il trasferimento a Milano della famiglia Giordano nel 1924, l'edificio passa all’Istituto Politecnico di Londra e nel 1940 alla famiglia Serman. Dopo la guerra l’edificio resta disabitato fino al 1951 quando diventa sede dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Nel 1980 lo stabile viene acquisito dalla Provincia di Novara che lo passa successivamente alla Camera di Commercio, mentre il parco e la spiaggia vengono date in concessione al Comune di Baveno. Attualmente è sede della Camera di Commercio provinciale del Vco e il parco dal 1982 è diventato pubblico..
Per quanto riguarda Giulia Werner, si precisa che viene mantenuta l’indicazione parentale che compare nella quasi totalità delle fonti, facendo presente però che Giulia Werner potrebbe essere la zia e non la madre delle sorelle Müller, come risulta dal documento presente nell’Archivio storico del Comune di Baveno (b. 53/1 “Pratiche di emigrazione e immigrazione, 1937-1944”). Nello stesso documento si afferma che è la vedova di Giulio Stavicka deceduto l’8 agosto del 1892, mentre Maria e Stefania sarebbero figlie di Matilde Werner e di Federico Müller (anche se nella scheda di Maria è presente il nome Paolo e Federico risulterebbe cancellato). Di Matilde Werner non si sa però nulla, così come anche di Federico (Paolo) Müller.
Anche nella rogatoria richiesta dal Tribunale di Osnabrück alla Corte d’Appello di Milano del 17 dicembre 1964 si fa cenno a Giulia Werner come la zia di Maria Müller (Archivio Storico Comune Baveno 1/881).
Dal "Il libro della memoria" e da quello di Toscano risulta ucciso il 15 settembre 1943. Invece secondo Nozza sarebbe stato arrestato il 14 e quindi presumibilmente ucciso quel giorno.Aldo Toscano, L'olocausto del Lago Maggiore (settembre-ottobre 1943), Alberti, Verbania, 1993; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, 1995; Liliana Picciotto, Il libro della memoria, pg. 845, Mursia, 2002; La strage dimenticata. Meina, settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia, Interlinea, 2003; (a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia), Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010; Lorenzo Camocardi, Gianmaria Ottolini, Even 1943 (DVD), Verbania, 2010; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it; Nuova Resistenza Unita, n.3/2017; Lutz Klinkammer, Stragi naziste in Italia. La guerra contro i civili (1943-1944), Donzelli, Roma 1997; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it; Maria Francesca Renaudo, Il turismo a Baveno, ed. Tararà, 1999; Giovanni Galli, Memorie ritrovate, Borgomanero, 2004; (a cura di Leonardo Parachini), Baveno settembre 1943, Verbania, 2013; Mariella Terzoli, Una storia dimenticata? Lago Maggiore, settembre-ottobre 1943, Tesi di laurea, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2015-2016; Mauro Begozzi, Scomparsi nel nulla! La prima strage di ebrei in Italia sulle sponde del lago Maggiore, https://storiaeregione.eu/attachment/get/up_84_16520956762107.pdf, 2009; Renata Broggini, La frontiera della speranza. Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945, Mondadori, 1998.
Archivio storico del Comune di Baveno, b. 53/1 "Pratiche di emigrazione e immigrazione, 1937-1944" (Registro popolazione (trasferimento da Milano, 7/6/1940).