
Serman
62 anni
Austriaco (nato a Vienna) di origine ebraica, Emil Serman, dopo un’esperienza giovanile come giornalista per un quotidiano di Berlino, era divenuto un affermato imprenditore nel campo dell’importazione di carta da giornale.
Il 9 febbraio del 1924 aveva sposato a Berlino Maria Müller, ebrea polacca. [1]
Risale alla fine degli anni Trenta l’emigrazione dei coniugi Serman in Italia, nell’ondata di fughe all’estero che si registrò soprattutto a partire dal 1938, anno in cui si aggravarono in Germania le azioni di persecuzione antisemita (la Kristallnacht è del 9-10 novembre). Alla coppia si erano unite la sorella e la madre di Maria, entrambe cittadine polacche.
Nonostante l'emanazione dei due successivi Regi Decreti-Legge del 7 settembre e del 17 novembre 1938 (che prevedevano la revoca delle concessioni di cittadinanza italiana e l'espulsione per gli ebrei stranieri che avessero stabilito la propria residenza nel Regno posteriormente al 1º gennaio 1919) [2], i Serman non subirono l’espulsione e riuscirono a sottrarsi all’internamento, di cui risultavano passibili dal giugno 1940: il loro nome non risulta infatti tra gli internati, fecero dunque parte del migliaio di ebrei stranieri - soprattutto donne e bambini - che non furono toccati dall'internamento per tutti gli anni in cui esso restò in vigore.
Come attestato dalla loro pratica di trasferimento [3], nel giugno 1940 la famiglia Serman lasciò Milano per stabilirsi a Baveno, dove acquistò Villa Fedora [4]. Il documento estratto dal registro di popolazione del Comune di Milano e inviato a Baveno fu evidentemente palleggiato tra i due uffici anagrafe a causa di alcuni dati mancanti, relativi in particolare ad indicazioni anagrafiche (compilate a mano in seconda battuta) e soprattutto alla dichiarazione di razza: il relativo campo rimase comunque vuoto dopo la definitiva acquisizione della carta da parte del comune di Baveno e la mancanza venne giustificata dall’impiegato milanese con l’apposizione in calce dell’annotazione manoscritta “Non consta che i suddetti abbiano fatto dichiarazione di appartenenza alla razza ebraica trattandosi di stranieri”.
In una data non precisata la famiglia Serman venne raggiunta a Baveno da un’amica, Sofia Czolosinska.
La mattina di lunedì 13 settembre 1943, mentre rientrava da una partita a tennis, Emil Serman venne raggiunto a Villa Fedora dalle SS, accompagnate da una guardia comunale e da un interprete. Era in corso il rastrellamento di ebrei operato dal primo Battaglione, Secondo Reggimento, Divisione meccanizzata Waffen SS Leibstandarte Adolf Hitler.
Il podestà Pietro Columella (figura ambigua, sulla cui collaborazione le SS poterono contare in quei giorni di rastrellamenti), interpellato dalle SS per sapere come raggiungere villa Fedora, mandò il suo autista ad avvisare i Serman di fuggire. Arrivò tardi, c’era già l’auto tedesca al cancello.
Secondo la testimonianza rilasciata dalle tre domestiche in servizio a Villa Fedora, le SS chiesero inizialmente ospitalità al signor Serman, dichiarando di avere bisogno di stanze per i propri uffici; il loro atteggiamento, però, cambiò rapidamente: cominciarono a girare per tutta la casa, con soldati di guardia alle porte; dopo una mezz'ora il signor Serman venne arrestato.
Serman fu condotto all'albergo La Ripa, dove fu visto per l'ultima volta da Betty Tanner in Tonini, svizzera, sfollata da Milano e ospite dell'albergo insieme al marito. Secondo la sua testimonianza Emil Serman fu condotto con le mani legate dietro la schiena in una legnaia antistante l'albergo.
Venne assassinato probabilmente il 15 settembre.
Secondo la testimonianza rilasciata successivamente dalle tre domestiche a servizio della famiglia, Elvira Cadorin, Ida Fornarelli e Maria Beltrami, dopo l’arresto di Emil Serman, il pomeriggio di lunedì 13 settembre le SS tornarono a Villa Fedora - dove ancora si trovavano la moglie Maria Müller, la cognata Stefania, la zia della moglie, Julia Werner, e l’amica di famiglia Sofia Czolosinska - e procedettero con la perquisizione.
Elvira Cadorin dichiarò: «Un ufficiale mi interrogò a lungo. Cercava la cassaforte, il nascondiglio dei gioielli. Ammucchiarono le cose di maggior valore e le portarono via; vollero anche il mio orologio d’oro».
Prima dell’arresto delle donne, il comandante della squadra costrinse la signora Serman a sottoscrivere un documento in cui dichiarava che dalla propria abitazione non era stato sottratto alcun oggetto.
Villa Fedora era ormai senza padroni di casa. «Il giorno dopo le SS diedero alla villa una festa da ballo – testimoniò ancora la Cadorin, costretta a partecipare con le altre due domestiche, insieme ad altre donne arrivate da Baveno e dintorni – si ubriacarono, cantarono, ballarono e si comportarono male con le ragazze […]. Tentarono di violentarle».
[1] E’ quanto risulta dal registro immigrazioni conservato presso l’archivio storico del comune di Baveno, ASCB53/1.
[2] Regio Decreto Legge n. 1381 del 7 settembre 1938 “Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri” e Regio Decreto Legge n. 1728 del 17 Novembre 1938 “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”.
[3] Archivio storico del Comune di Baveno, b. 53/1 “Pratiche di emigrazione e immigrazione, 1937-1944”.
[4] La Villa fu costruita a metà Ottocento per il torinese Giacinto Mannati. Venne acquistata nel 1896 da Giuseppe Ceretti, per passare nel 1909 all’industriale Giuseppe Spatz, a cui dobbiamo i primi lavori di ampliamento; Spatz la donò successivamente al genero, il noto musicista Umberto Giordano. Dopo il trasferimento a Milano della famiglia Giordano nel 1924, l'edificio passò all’Istituto Politecnico di Londra. Attualmente è sede della Camera di Commercio provinciale.
Nel Cimitero di Baveno si trovano una tomba e una lapide con incisi i nomi dei quattordici ebrei assassinati; un monumento è stato inaugurato nel 2013 sul lungolago.
Aldo Toscano, L'olocausto del Lago Maggiore (settembre-ottobre 1943), Alberti, Verbania, 1993; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, 1995; Liliana Picciotto, Il libro della memoria, pg. 845, Mursia, 2002; La strage dimenticata. Meina, settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia, Interlinea, 2003; (a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia), Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010; Lorenzo Camocardi, Gianmaria Ottolini, Even 1943 (DVD), Verbania, 2010; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it; Nuova Resistenza Unita, n.3/2017.
Archivio storico del Comune di Baveno, b. 53/1 "Pratiche di emigrazione e immigrazione, 1937-1944" (Registro popolazione (trasferimento da Milano, 7/6/1940).