Covo
66 anni
Ebreo bulgaro di origine spagnola. La famiglia Cobos de los Cobos, cacciata dalla Spagna da Isabella la Cattolica nel 1492, era approdata in Bulgaria, stabilendosi a Ruscuk oggi Ruse. Lo spagnolo restò la lingua madre parlata in casa e la famiglia poté mantenere il privilegio della cittadinanza spagnola (Mario, come i suoi figli e la moglie Maddalena, avevano tutti passaporto spagnolo). Mutò invece il cognome: Covo o Kovo, per quella parte di famiglia passata in Francia, Cecoslovacchia e nel resto dell’Europa. Dopo un’iniziale interesse per la carriera diplomatica, Mario Covo si dedicò al commercio in Europa e Italia, dove alla fine dell’Ottocento si trasferì avviando a Milano una fiorente attività di import e export. Qui conobbe e sposò Maddalena Stramba, di famiglia cattolica. Dal loro matrimonio nacquero quattro figli: Abramo “Mino”, Giulio, Matilde “Lica” e Pier Vittorio “Pippo”.
Per la famiglia la situazione cominciò a cambiare con l’avvento del Fascismo. Nonostante l’antisemitismo non fosse ancora esploso con tutta la sua virulenza, Mario Covo negli anni trenta decise di allontanare per sicurezza i figli maggiori, Mino e Giulio, che avrebbero dovuto affiancarlo nelle sue attività commerciali. Dopo un anno sabbatico in giro per il mondo, nonostante il loro disappunto, lasciarono l’Italia per trasferirsi in Messico (vi resteranno fino alla morte). Nell'agosto 1939 la famiglia Covo andò in America con il transatlantico Rex a trovare i figli: la famiglia si riunì tutta per l’ultima volta. Pur consapevole dei pericoli, Mario Covo e la moglie rientrarono in Italia, confidando ancora nella nazionalità spagnola (la Spagna era infatti alleata della Germania). Con loro la figlia Lica e il marito Albe Steiner, sposatisi nel marzo del 1938. L’ultimogenito, Pier Vittorio “Pippo”, iscritto al Politecnico di Milano, restò a Milano fino alla sua cacciata dall’università per motivi razziali; dopo una tappa in Canada ospite di un amico, raggiunse i fratelli in Messico (allo scoppio della guerra si arruolerà nella Marina Canadese per combattere i tedeschi; la sua nave verrà silurata; salvatosi, diverrà eroe di guerra. Si stabilirà definitivamente a Montréal, insegnando alla famosa università McGill, fino alla morte).
Nell'estate del 1943 Mario Abramo Covo sfollò da Milano con la famiglia trasferendosi a Mergozzo, in una casa appena fuori dal paese sulla collinetta "del Sasso", in cui i Covo erano soliti trascorrere alcuni mesi di villeggiatura durante l'estate. La casa era di proprietà della moglie (la madre di Maddalena, Maria Cioli, era originaria della zona, precisamente di Intra, sul Lago Maggiore).
Il 15 settembre 1943 venne prelevato dalle SS con il nipote Alberto Abramo Arditi e la consorte Matilde David. Dopo l'arresto Maddalena trovò sul cuscino della camera da letto il testamento del marito Mario Abramo (nella speranza di un ritorno verrà aperto solo anni dopo alla presenza dei figli).
Mario Abramo Covo venne probabilmente assassinato il giorno stesso dell'arresto, il 15 settembre 1943 (come risulta da "Il libro della memoria" e dal testo di Toscano), forse in un campo poco fuori dal paese. Il suo corpo non venne mai ritrovato.
Aldo Toscano, L'olocausto del Lago Maggiore (settembre-ottobre 1943), Alberti, Verbania, 1993; Marco Nozza, Hotel Meina, Mondadori, 1995; (a cura di Alessandro Ceresatto e Marco Fossati) Salvare la memoria, Anabasi, 1995; Liliana Picciotto, Il libro della memoria, pg. 830, Mursia, 2002; La strage dimenticata. Meina, settembre 1943. Il primo eccidio di ebrei in Italia, Interlinea, 2003; (a cura di B. Mantelli e N. Tranfaglia), Il libro dei deportati, vol. II, Mursia, 2010; Lorenzo Camocardi, Gianmaria Ottolini, Even 1943 (DVD), Verbania, 2010; (a cura di Luisa Steiner e Mauro Begozzi) Un libro per Lica, Istituto storico 'Piero Fornara', Novara, 2011; Centro di documentazione ebraica contemporanea, www.nomidellashoah.it.