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Deportazione ebraica dal novarese

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L’antisemitismo fascista, per quanto terribilmente vessatorio e discriminatorio, era rimasto incruento fino all’autunno 1943. Per questa ragione molti ebrei avevano rinunciato a fuggire quando ancora sarebbe stato possibile.

L’occupazione tedesca dell’Italia fece precipitare rapidamente la situazione. Le azioni antiebraiche si intensificano soprattutto a partire dal dicembre del 1943: con un’ordinanza di polizia del 30 novembre, la Repubblica Sociale Italiana dispose l'arresto degli ebrei, il loro internamento in campi e il sequestro dei loro beni.L’ordine trovò immediata applicazione: questori e prefetti incaricarono reparti di polizia ordinaria e carabinieri di procedere con gli arresti. Apporto specifico venne dai corpi incaricati della sorveglianza lungo il confine con la Svizzera.

In Ossola e nel Verbano si registrò, da quel momento, un flusso crescente di ebrei intercettati e arrestati nel tentativo di oltrepassare clandestinamente il confine.

Spesso gli ebrei erano costretti ad affidarsi a reti d'espatrio improvvisate e non sicure, mettendosi nelle mani di organizzazioni e “passatori” sconosciuti. Braccati, in pericolo di morte, ignari della geografia delle terre di confine e in difficoltà per la presenza di bambini, donne, anziani e bagagli, gli ebrei erano estremamente vulnerabili e spesso i loro tentativi di fuga non andarono a buon fine.

Non tutti riuscirono a varcare il confine, o perché traditi dai passatori o perché intercettati e arrestati dalla milizie repubblichine o perché respinti dalle guardie di frontiera svizzere (secondo una politica di accoglienza della Confederazione Elvetica preoccupata di salvaguardare la stabilità economica e sociale interna e i rapporti con le potenze estere).

Quasi sempre la prima tappa dopo l’arresto era nelle carceri più vicine. Il carcere di San Vittore a Milano - di cui nel settembre 1943 le SS avevano requisito un’ala gestendola direttamente - ebbe funzione di campo di concentramento provinciale, nonché di raccolta per gli ebrei arrestati nelle zone di frontiera con la Svizzera e nelle grandi città del Nord (Torino e Genova).

Molti di loro (venti persone) sarebbero stati trasferiti al campo di Auschwitz-Birkenau (Polonia), direttamente o passando nei campi di transito di Fossoli prima, Bolzano poi. Altri quindici subiranno la deportazione nei campi di internamento italiani o in alcuni comuni in "internamento libero", sulla base della normativa della primavera del 1940 che riguardava gli ebrei stranieri presenti sul territorio nazionale e gli ebrei italiani ritenuti pericolosi per il regime.

La maggior parte degli ebrei deportati dall’Italia non farà ritorno: su poco meno di 7.800 deportati solo 837 torneranno dai campi. Su 733 bambini solo 121 sopravviveranno.

Per ulteriori informazioni, cfr.     DEPORTAZIONE NEL NOVARESE 

 

 

Carcere di San Vittore a Milano. Qui venivano trasferiti gli ebrei catturati nel novarese in attesa della deportazione.
Campo di concentramento di Fossoli.
Arrivo di un convoglio di deportati al campo di concentramento di Auschwitz.
Famiglia Ravenna (Gino è il 2 da sx)

Deportati


Gino
Ravenna

Letizia
Rossi

Franca Eugenia
Ravenna

Marcello Renzo
Ravenna

Milena
Rossi

Amelia
Melli

Novella
Melli

Abner
Hasson

Ester
Ass

Jeanne Pierre
Hasson

Edith Nelly
Hasson

Gilberto
Hasson

Oreste Ezechiele
Levi

Giulio
Forti

Isa
Magrini

Giulio
Norsa

Leopoldo
Schoenhaut

Basilia
Salambrassi Vassiliki

Emanuele
Staineri

Sergio
Vitale

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